Contenuti aggiuntivi all’interno: Scheda di approfondimento – Testo canzone
- PREGHIERA INIZIALE
- ASCOLTIAMO IL SIGNORE CHE CI PARLA
- RILEGGIAMO CON ATTENZIONE
- PER APPROFONDIRE
- MEDITIAMO CONSIDERANDO LA NOSTRA REALTA’ DI COPPIA
1. PREGHIERA INIZIALE
Dio nostro Padre, guarda noi, tuoi figli, che ci affidiamo a te: prosegui l’opera che hai iniziato in noi e rendici sacramento del tuo amore. Manda su noi la tua benedizione, perché, segnati col fuoco dello Spirito Santo, diventiamo espressione viva del tuo Vangelo. Rendici lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. Disponi tutte le nostre energie affinché possiamo essere guide sagge e forti dei figli che allieteranno la nostra famiglia e la comunità. Fa’ che non rendiamo a nessuno male per male; insegnaci a benedire e a non maledire; donaci di vivere a lungo e in pace con tutti. Amen.
2. ASCOLTIAMO IL SIGNORE CHE CI PARLA
Dal Vangelo secondo Marco 14, 12-16. 22-24
Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti».
Parola del Signore. Lode a te, o Cristo!
3. RILEGGIAMO CON ATTENZIONE.
- Dove vuoi
- I discepoli si presentano con una dolcezza-delicatezza di cui in altri momenti non si rivelano capaci.
- I discepoli di Gesù sono “relativi” a Lui: si fidano di ciò che Lui dice e chiede.
- Oggi noi domandiamo a Gesù: «Dove e come vuoi mangiare la tua Pasqua con noi?».
- Preparare – mandò
- La Pasqua ebraica va preparata secondo un preciso rituale (il verbo «preparare» ricorre tre volte); in questo i discepoli di Gesù si dimostrano ebrei osservanti.
- Tutto ciò che vale va preparato… e preparato bene!
- Desideriamo predisporre tutto ciò che serve perché il nostro diventi un amore «pasquale», cioè come quello di Gesù Cristo, che – nella Pasqua – dà la sua vita per noi e per questo risorge per sempre.
- Tu, Gesù, vuoi mangiare la Pasqua con noi
- Sia Gesù che i discepoli riaffermano che l’Ultima Cena non è “solo” la Pasqua ebraica, è di più, è quella del Maestro. Lui esprime la ferma decisione di celebrarla “con” i suoi, perché Lui è “per” loro.
- Gesù “paga di persona” (con la morte) la tenacia con la quale sta e starà dalla parte dei “suoi”, fino alla fine. Con la stessa tenacia Lui sta anche dalla nostra parte.
- Vi verrà incontro un uomo – un padrone di casa
- Un uomo senza nome (ma porta una brocca d’acqua!) si fa tramite tra i discepoli e il padrone di casa; un padrone di casa senza nome (forse noto a Gesù) offre una stanza per la celebrazione rituale (Ultima Cena); noi cristiani celebriamo la messa da duemila anni in migliaia di chiese.
- Forse anche la nostra coppia ha goduto del “servizio” di qualche “sconosciuto senza nome” che ci ha aperto la sua “casa” e così ci ha avvicinati a Gesù.
- Dov’è la mia stanza
- Gesù “spreca” gli aggettivi possessivi in questo brano (“mia stanza”, “miei discepoli”, “mio corpo”, “mio sangue”): è indice di quell’intimità che si fa più stretta quanto più il tempo si fa breve, avvicinandosi la sua morte.
- La stanza in realtà è già “proprietà” di Gesù, o meglio: “per” lui, “a misura” di lui, “adatta” a lui.
- Le forme dell’amore tra l’uomo e la donna sono già di Gesù: perché siano vissute “a suo modo” (cioè rispettate nella loro identità) devono semmai essere svelate, accolte, purificate, “ristrutturate” per l’Inquilino Gesù.
- Al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta
- La solennità della Pasqua (quella ebraica) richiede un luogo adatto e “sollevato”. La vita nell’amore “pasquale” chiede di sollevarsi oltre i modi “normali” di pensare e vivere le relazioni.
- In qualità di discepoli che vogliono preparare tutto l’indispensabile per la presenza di Gesù tra noi, siamo chiamati a riconoscere che tanto è già stato preparato da noi, con noi, per noi… lasciandoci così sorprendere da tale dono in gran parte gratuito!
- Il nostro amore è più che “nostro”: perché sia amore “pasquale” abbiamo bisogno di un rito, che noi seguiamo per riconoscere che le mille dichiarazioni d’amore che siamo riusciti a dirci (e ci diremo ancora!) sono precedute e accompagnate da Colui che sta prima, accanto e “sopra” di noi.
- Trovarono – prepararono
- Ogni personaggio sa cosa deve fare e tutto si trova… ma bisogna almeno cercare; tutto è già pronto, eppure la cena è anche frutto del lavoro dell’uomo.
- Occorre scovare ciò che noi possiamo e dobbiamo ancora preparare: non più di quello che possiamo-dobbiamo, ma neanche di meno.
- Mentre mangiavano
- Il contesto della Pasqua è una cena di famiglia. Il cibo è quello della festa, l’atmosfera è quella di casa.
- Durante la sua vita pubblica, Gesù ha dato molto peso alla convivialità: durante i pasti ha incontrato i suoi discepoli, le folle, dei giovani sposi, i farisei, i pubblicani, i peccatori… E’ stato uno dei suoi modi caratteristici per annunciare la Buona Notizia: Dio vuole stare vicino a noi, “Dio-è-con-noi”.
- Anche noi possiamo avere tra i nostri commensali proprio Gesù… “mentre mangiamo”. E magari non ce ne accorgiamo!
- Pane e calice… Mio Corpo e Mio Sangue
- Con la potente e amorevole voce di Gesù, il pane diventa il suo Corpo, il vino diventa il suo Sangue. Il gesto della sua vita spezzata un giorno sulla Croce e del suo sangue versato, diventa nostro contemporaneo (senza dover più crocifiggere nessuno!).
- Quello che si vede è reale, quello che non si vede è ancora più reale.
- Con la potente voce dello Spirito Santo invocato durante il Rito, il vostro amore di coppia consapevolmente accetta di diventare conforme all’amore di Gesù Cristo.
4. PER APPROFONDIRE
- Il sacramento è azione (parole e gesti) di Cristo, con la quale egli rende presente per noi l’evento della sua Pasqua, mediante l’azione rituale (parole e gesti) della Chiesa, resa possibile dalla presenza in essa dello Spirito Santo.
- L’azione rituale della Chiesa è composta da una molteplicità di “azioni” (parole e gesti), che hanno come soggetti attivi tutti i membri della comunità cristiana, ciascuno con il suo “ruolo”: l’assemblea; il “presidente”, il “ministro”, i lettori, i ministranti (chierichetti), i cantori, il sacrestano…
- La pienezza del sacramento del matrimonio è riservata all’amore coniugale tra un fedele (battezzato credente) cristiano e una fedele (battezzata credente) cristiana:
- essi sono stati preceduti dalla chiamata alla vita, alla fede battesimale, all’amore di coppia; questa vocazione viene da Dio-Trinità, attraverso le parole e le azioni della Chiesa, che li ha già chiamati, amati, curati come madre premurosa attraverso le diverse stagioni della vita;
- ora i fidanzati cristiani, come membra vive del corpo ecclesiale, diventano soggetti co-operatori dell’azione rituale, grazie allo Spirito Santo che vive in loro;
- essi si lasciano dire (dalla Parola di Dio attraverso le parole della Chiesa) la loro identità e la qualità del loro amore;
- mostrano di cogliere-accogliere questa loro identità-vocazione a due;
- chiedono di poterla “conoscere” nell’unico modo possibile, ovvero vivendo autenticamente una storia ‘amore, che è insieme umana e divina.
- Già prima della celebrazione del rito noi potremmo dire di una relazione di coppia se ha le caratteristiche dell’amore coniugale: è stato creato da Dio, per assomigliare all’amore di Cristo; se coinvolge l’integralità delle persone; se è caratterizzato come amore personale, totale, fedele, indissolubile, fecondo.
- C’è una forma dell’amore coniugale in cui le creature sono messe in grado di rispondere alla vocazione “a due” con la completezza delle loro persone: corpo, animo, spirito; memoria, intelletto, volontà; passato, presente e futuro; ciascuno per sé, ciascuno con l’altra e per l’altra, insieme per dare voce a Cristo e alla Chiesa. E’ il sacramento del matrimonio!
- Tutta la vita coniugale è “sacramento”; perché possa esserlo, essa prende avvio con un rito, che di epoca in epoca diventa “quel” rito particolare, in cui lo Spirito Santo viene invocato ed effuso.
- I cristiani sono felici di essere stati resi capaci, per iniziativa gratuita di Dio, di offrirsi l’uno all’altra e insieme a Dio-Padre, sapendo di poterlo fare “con Cristo, per Cristo e in Cristo”, nella Chiesa, con la Chiesa, per la Chiesa. E’ l’umile esaltazione della dignità della persona, che opera in collaborazione con l’azione preveniente ed avvolgente dello Spirito Santo.
- Quando riconosce la loro affermativa disposizione in parole e gesti, lo Spirito Santo dona ai nubendi più di quanto essi potessero credere di attuare: tutta la loro vita diventa “sacramento” (manifestazione e attuazione) dell’amore con cui Cristo ama la sua Chiesa.
- La realizzazione di ciascuno dei nubendi è data nella comunione di tutta la vita, capace di condividere la stessa sorte (“consorti”) dell’altro e di Cristo.
- Se nelle coppie cristiane coniugate non sempre vediamo la pienezza di questi elementi, sappiamo che questo è dovuto alla nostra debolezza morale, a cui fin “dal principio” è stato consegnato questo dono affascinante; a causa della storia di peccato, esso è decaduto fino a sfiorare i confini dell’irrealizzabilità.
5. MEDITIAMO CONSIDERANDO LA NOSTRA REALTA’ DI COPPIA
- Alla luce dei gesti e delle parole del rito del sacramento del matrimonio, credete di poter celebrare così il vostro amore?
- Il Rituale (il libro che riporta il rito) prevede che si facciano delle “cose” e si dicano delle parole, sul presupposto che “gesti e parole” indichino una precisa intenzione ed esprimano la volontà consapevole dei nubendi di porre in atto ciò che serve per raggiungere l’obiettivo dell’intenzione. Ci sono in voi questa intenzione e questa volontà?
- Che rapporto c’è tra le quotidiane parole del vostro amore e le parole “stilizzate” del rito? Dicono la stessa cosa, seppur in forma diversa, oppure no? E le azioni che vi farà eseguire il rito c’entrano qualcosa con le azioni della vostra relazione?
- Rispetto alla Messa domenicale e alle nozze a cui avete partecipato, come vi aspettate che sarà la celebrazione del vostro matrimonio? Avete qualche desiderio per “personalizzare” il rito?
- Dovendo chiedere ai vostri cari di pregare per voi, cosa vorreste che chiedessero per voi al Signore?
- Desiderate ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo il giorno delle nozze? E le altre Domeniche dell’anno? Come vi disponete per il sacramento della Confessione che precederà le nozze, se vorrete ricevere il Corpo e il Sangue di Gesù?
- Coerentemente con il vostro cammino di fede, sceglierete di celebrare le vostre nozze nella celebrazione eucaristica o nella liturgia della Parola?